Pare che la porchetta – o qualcosa di molto simile – risalga addirittura agli antichi Umbri, i quali erano soliti arrostire sulla brace maiali interi. Gli animali utilizzati spesso erano allevati allo stato brado ed essendosi alimentati in modo differente rispetto a quelli odierni (li si lasciava razzolare alle soglie dei boschi, dove le querce e le ghiande ed i tartufi, di cui sono ghiotti, erano frequenti), avevano certamente anche un altro sapore. Non è escluso che spesso si incrociassero anche con i cinghiali.

Fino a pochi anni fa, tutta la vallata contava numerosissimi preparatori di porchetta (maiali arrosto), con paesi che avevano una tradizione solidissima e consolidata nei secoli (Bevagna, Cannara, Costano sono le località più famose, tra essi, ma anche Trevi, Spoleto, ecc.) e famiglie che vi si erano dedicate per generazioni. Ognuna aveva i suoi segreti per la preparazione della porchetta, dei quali erano gelosissime. Gli stessi fornitori delle materie prime dovevano essere esclusivi, personalizzati e fidelizzati (dalle spezie, agli allevatori di maiali, i quali dovevano essere alimentati in un certo modo per farne una buona porchetta, al pepe, che doveva essere di altissima qualità, al finocchio selvatico, che veniva raccolto solo in certi terreni ed in certi periodi dell’anno, ecc.).

Essa aveva un doppio ruolo, in quanto non veniva mangiata solo come piatto abitudinario, ma rappresentava anche il cibo tipico della festa, della scampagnata primaverile o estiva, del matrimonio contadino, ecc.

E’ importante notare che, contrariamente ai maialini da latte arrosto tipici di altre regioni, la porchetta umbra deve essere fatta con maiali di una certa pezzatura. L’animale deve essere maturo (almeno di 6-9 mesi di vita affinché la carne sia solida, consistente al taglio, ma non troppo dura) e di almeno 80-100 kg di peso. Nella nostra vallata, inoltre, la tradizione vuole che lo si condisca prevalentemente con finocchio selvatico (secco e verde), mentre nell’Umbria meridionale si usa soprattutto il rosmarino.

Nella preparazione della porchetta, la corata del maiale (polmoni, fegato, milza, intestino, pancreas, cuore, trachea, ecc.) viene prima lessata in acqua e sale, poi tagliata in piccoli pezzi, condita con sale e pepe, quindi riposta nella pancia del maiale. L’animale è posto su un palo di ferro che lo attraversa da cima a fondo. Il palo viene bloccato su un carrellino con ruote, che serve per facilitare l’infornata del maiale. Il forno era realizzato in mattoni refrattari e preriscaldato con legna di quercia, olmo e roverelle (oggi invece vengono usati dei forni industriali fatti in altro materiale, che usano quasi sempre sistemi elettrici per cuocere la porchetta); l’animale viene cotto lentamente, affinché il calore penetri a fondo la carne, per circa 6-9 ore (a seconda della dimensione). La pelle del maiale a contatto con il calore iniziale, acquisisce il tipico colore rossastro e diventa croccante (crosta). Per evitare che si gonfi, prima di essere messo al forno, la pelle, con un coltello appuntito, viene cosparsa di piccoli fori (picchettatura).

Gli arti del maiale, lo stomaco, le orecchie, la coda, così come l’intestino crasso, chiamate “il lesso”, vengono posti a cuocere in contenitori (testi) di acciaio sotto al maiale. Tali contenitori di forma rettangolare raccolgono in primo luogo l’acqua ed il grasso che fuoriesce dal maiale, i quali finiscono così per insaporire le carni che si trovano sotto la porchetta e che risultano per metà bollite e per metà cotte arrosto, con un sapore del tutto particolare. Un volta cotta la porchetta, il grasso ancora liquido che si trovava in questi contenitori veniva separato dall’acqua e raccolto in bidoni per la successiva rivendita alle industrie del settore. A volte tale grasso (lo ‘ntocco), estremamente saporito perchè condito da tutte le spezie ed erbe che erano state poste nell’animale, veniva utilizzato per fare il “miaccio”, sorta di mescola realizzata con il sangue di maiale precedentemente cotto, il grasso appunto dello “scolo” della porchetta e pane fresco caldo. Oggi, per ragioni igieniche, non è più permessa la vendita di tale composto, che era considerata una vera prelibatezza.

Un’ultima annotazione riguarda il fatto che la porchetta può essere realizzata disossata o con osso. Inutile dire che quest’ultima varietà è quella originaria (per tagliarla occorreva avere una perfetta conoscenza della forma dello scheletro del maiale al fine di non rovinare i coltelli), mentre la prima è stata realizzata solo per avere maggiore comodità nel taglio. I buongustai preferiscono la porchetta con osso, la quale pare sia molto più buona e saporita. Non è un caso che spesso anche nella preparazione dei sughi o delle salse si mette un pezzo di osso per dare al tutto maggiore sapore.